Contro il De Profundis delle aree interne indignarsi non basta, servono azioni
di Gerardo Vespucci
Rilanciamo questo articolo di Gerardo Vespucci (pubblicato sul Corriere dell'Irpinia), per sollecitare quanti non hanno avuto modo di leggerlo a ragionare e discutere.
Devo ringraziare gli amici del Corriere se mi accingo a riflettere, per l’ennesima volta, sul tema, a me tanto ...
... caro, delle zone interne, del loro stato attuale e del triste destino che fatalmente rischia di concretizzarsi.
Ovviamente, il tema è talmente vasto che, sia per ragioni oggettive – le aree interne non sono omogenee – e sia per quelle soggettive – non amo generalizzare tematiche che, al contrario, andrebbero sezionate col bisturi – mi limiterò a discutere del territorio che conosco meglio, in cui ho trascorso gran parte della mgia vita e svolto attività politiche e professionali anche di governo (vicesindaco e Dirigente scolastico).
È quello che corrisponde all’Area Pilota Alta Irpinia, forte di ben 25 comuni, da Montella a Monteverde.
L’occasione è offerta dalla pubblicazione del Piano Strategico Nazionale Zone Interne prodotto da questo governo nel marzo 2025, ma reso noto solo adesso nella sua gravità: me ne aveva inviato il testo l’amico e compagno Andrea Amendola, noto dirigente sindacale della CGIL della Campania, ed avevamo pensato ad un dibattito da svolgere in merito (a Sant’Andrea di Conza?) ad agosto.
Andrea aveva giustamente sottolineato l’aspetto politico principale, su cui tutti si stanno soffermando (dalla Presidente della Sardegna Todde al poeta e paesologo Arminio), ossia che, per il governo in carica, le aree interne d’Italia, caratterizzate sempre più dalla desertificazione demografica, sebbene non debbano essere abbandonate a sé stesse, non possono sperare in una inversione di tendenza.
Pertanto, non resterebbe che accompagnarle in una fine dignitosa: il paesologo parla di Hospice, probabilmente sarebbe più coerente proporre le Case famiglie!
Di fronte a questa resa incondizionata si rimane senza parole, non fosse altro perché, sebbene si definisca la Politica come arte del possibile, è proprio all’impossibile che da sempre la Storia ha chiesto le soluzioni più utili e necessarie: cos’altro ci dicono le diverse Rivoluzioni dei secoli scorsi?
Visti i tempi attuali, caratterizzati davvero dalla crisi della ragione, non c’era da farsi illusioni, ma che un governo tra i più politicizzati ideologicamente possa gettare la spugna in questo modo, è davvero imbarazzante e rivelatore di una totale assenza di visione della realtà che pure si pretende di governare (dal latino, guidare).
Ma, ragionando per paradossi, si rischia di dover dare ragione ad una simile prognosi, proprio in virtù della diagnosi e terapia proposte: è fin troppo evidente che in mancanza di fatti nuovi e alternativi, ossia prodotti da un cambio di paradigma, con questi dati numerici, di tipo economico e sociale, non ci resta che dichiarare, citando Pavese dei Dialoghi, c’è una legge di Issione cui bisogna ubbidire, questa legge è il destino!
È ormai da oltre un decennio che vado ricordando che l’Area Pilota Alta Irpinia aveva 80.500 abitanti al censimento 1981 ed ultimamente si raggiungono appena i 57.000 abitanti. Ma neanche questi dati presi nell’insieme, dicono tutta la verità, poiché dietro bisogna leggere molto altro. Bisogna tener conto del mancato equilibrio tra mortalità e natalità; si deve considerare che i residenti (quasi -25000 nei 45 anni trascorsi) sono in gran parte pensionati over 65. Che l’indice di vecchiaia (numero di over 65 per 100 nati da 0 a 14 anni) è ovunque sulle 300 unità, poiché a mancare sono proprio i nati da 0 a 14 anni, e che la piramide demografica ha cambiato completamente la sua forma classica, con la base posta oltre i 50 anni e due vertici quasi identici tra i nati e gli ultra 90 anni.
Questo è sicuramente un governo di cinici ed incapaci (in realtà ci sarebbe da usare sostantivi ed aggettivi ancora più rigorosamente critici!) ma sic stantibus rebus, questi numeri giustificano la previsione e si possono addirittura calcolare adesso gli anni di sopravvivenza che ci restano.
Questo quadro buio è la realtà che chiunque viva nei nostri paesi può costatare de visu tutti i giorni o per almeno 11 mesi l’anno, lasciando al solo periodo luglio - agosto una pausa di vitalità.
Anzi, in questi due mesi si assiste ad una vera ubriacatura generale, fatta di decine di eventi con le strade piene degli emigrati tornati per le ferie, che crea illusioni ancor più deleterie perché – e questa è l’altra faccia, assurda, della medaglia – i pochi rimasti (con i sindaci e gli amministratori in testa) si convincono di vivere nel migliore dei mondi possibili: in questa euforia collettiva, coloro i quali esercitano ancora un minimo di critica dell’esistente vengono addirittura tacciati di disfattismo!
A questo punto, si deve uscire dal vago: premesso che l’Area Pilota non è omogenea e che vi sono realtà più solide che potranno addirittura costituire attrattori dei paesi circostanti più fragili (penso a Montella, Lioni, Caposele e per certi versi Bisaccia) cerco di pensare in positivo, di tirarmi per i pochi capelli rimasti e volare alto, come il barone di Munchausen e riproporre alcune soluzioni.
Dai dati sopra richiamati, si ricava facilmente che nei 25 comuni in esame mancano tutti quei giovani in età riproduttiva che sono emigrati per motivi di lavoro. È inutile giraci intorno: se i giovani non trovano lavoro, vanno via, punto. E se vanno via la natalità non potrà mai pareggiare la mortalità di una popolazione che invecchia anno dopo anno: risultato? La desertificazione.
Il tema è, quindi, creare lavoro o fare incontrare la domanda di lavoro con l’offerta.
In entrambi i casi, le nostre zone interne sono deficitarie: il lavoro che si è creato è spesso a basso contenuto di competenze [addirittura siamo ai mille progetti per pochi mesi e per pochi euro: condizioni di sicuro non utili per creare famiglia e procreare!]
Il secondo aspetto è – a mio parere – ancora più grave: si tratta, spesso, di laureati con titoli di studio più disparati che da noi non potranno mai avere la possibilità di realizzarsi e così vanno via.
Nell’ultimo concorso a cattedre bandito da questo governo per la scuola, sono emersi dati relativi ai laureati partecipanti nelle varie discipline davvero tristi: migliaia di laureati partecipanti per le discipline umanistiche e letterarie per poche decine o massimo un centinaio di cattedre.
Quando ho posto il tema dell’orientamento in ingresso per le superiori cercando di far capire che la licealizzazione spinta avrebbe contribuito a svuotare i nostri paesi, sono stato accusato di volere limitare la libertà di scelta: intanto, anche grazie a queste scelte, nell’Istituto superiore di Lioni si sono chiusi il Geometra (oggi Costruzione Ambiente e Territorio) e la Ragioneria (Istituto Tecnico Economico); il professionale meccatronico stenta mentre il socio sanitario sopravvive con poche classi.
A Calabritto, quello che sembrava l’uovo di Colombo, il Tecnico Agrario, sezione staccata di quello di Calitri, ha vissuto solo un anno.
Non conosco bene la situazione di Montella e Bagnoli, ma so che sia a Calitri che a Bisaccia che a Lacedonia il numero degli iscritti nei tecnici e professionali mantiene appena la condizione per la sopravvivenza. Poiché altrove ho scritto più estesamente del ruolo che la scuola potrebbe avere per assicurare il lavoro ai giovani, anche laureati e persino in discipline umanistiche, mi limito ad indicare tre possibili scelte in grado di cambiare nel profondo le nostre condizioni di vita.
Il primo: il modello Monteverde. Un intero paese reso accessibile da efficaci interventi urbanistici, in grado di consentire alle disabilità di ogni tipo di vivere dignitosamente.
Citando uno dei fratelli Cianciulli, responsabile di Acca software, un simile progetto intercetta un target di decine di milioni di persone nel mondo. Il Comune ha predisposto tra l’altro, anche una struttura per l’accoglienza, in grado di ospitare almeno una cinquantina di disabili da tutto il mondo, vitto e alloggio compreso: credo non ci voglia tanto a capire che per consentire una simile presenza ci vogliono almeno un centinaio di giovani in grado di garantire ai disabili tutti i servizi necessari, compresi gli autisti per prenderli e riportarli agli aeroporti vicini.
Domanda: è un problema solo di Monteverde oppure l’intera Alta Irpinia dovrebbe farsene carico?
Il secondo: il Campo Sperimentale in agricoltura di Sant’Andrea/Conza.
Oltre 10 ettari di terreno utilizzati dagli anni ’50 per esperimenti di ogni tipo di produzione agricola, ed ora completamente abbandonato. All’interno vi sono anche due strutture edilizie che ristrutturate potrebbero ospitare anche i giovani oltre che gli attrezzi. Mi permetto di ricordare che a Calitri, da Dirigente Scolastico, attivai il Tecnico Agrario Produzione e Trasformazione: c’è bisogno di indicare il nesso che esite tra i due? E se si aggiunge il Seminario arcivescovile di Sant’Andrea in grado di ospitare decine di studenti universitari, si comprende come si potrebbe chiudere un cerchio davvero rivoluzionario, con le diverse facoltà di agraria del territorio coinvolte?
Il terzo: attività ricreative e culturali tutto l’anno.
Archiviato lo spreco di energie per sostenere la velleitaria candidatura di Sant’Andrea di Conza a capitale della cultura 2027, rimane il bisogno di garantire oltre il lavoro anche una qualità decente di vita, a chi rimane, nei mesi dall’autunno alla primavera (che poi è anche un altro modo per creare lavoro!). Mi sono permesso di dire che i 25 comuni con 20000 euro a testa potrebbero offrire alla Città dell’Alta Irpinia 500 mila euro con cui programmare decine di iniziative artistiche, ricreative, culturali. Mi ero anche permesso di dire che l’Area Pilota per molti è solo una sigla, mentre c’è bisogno di coinvolgere quanto più possibile la gente nei processi decisionali (cosa è democrazia?)
Questo potrebbe accadere anche mettendo su una Commissione cultura con 2 persone a paese: si avrebbe un gruppo di lavoro di almeno 50 persone, in grado anche di dividersi in sottocommissioni per le diverse tipologie di intervento, dalla musica al teatro al cinema alle arti allo sport alle mostre alla presentazione di libri etc.
Mi fermo qui, anche se da dire ci sarebbe tanto altro da riempire libri.
Chiudo, ricordando che, anche a costo di ripetermi, il tempo scorre in fretta mentre tutto rimane immobile: queste due condizioni portano all’equilibrio entropico, alla fine di ogni processo.
Bisogna reagire, e subito: non vorrei che alla fine ci dovremo tutti arrendere, pensando ancora una volta a Pavese, che scriveva nei Dialoghi: quel che un tempo era voglia era scelta, ti si scopre destino.