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Settimana Santa 2024

La Settimana Santa della Parrocchia San Domenico

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Fedele Giorgio
Fedele Giorgio

Fedele Giorgio

UCCISO SOLE

Stridìo di rondini andavo ad ascoltare
affannate e stanche al loro nido.

Miravo il cielo ad occidente rosso
tempestato di nuvole sanguigne,
segni del delitto di altro giorno
assassino del morto ucciso sole.

Sul prato della chiesa
le tenebre dolci dell'incipiente notte
mi leccavano pietose la ferita.

Nasce il 5 giugno 1931, da una modesta famiglia di contadini, a S. Andrea di Conza, dove trascorre l'infanzia e l'adolescenza.
Al paese inizia da privatista gli studi classici che continua ad Avellino e termina a Nola (NA).
Iscrittosi alla facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Napoli, al secondo anno abbandona gli studi e si arruola nella Guardia di Finanza.
Per ragioni di servizio ha modo di viaggiare per tutta Italia. Dal 1968 è alla sede di Teramo.
Ha pubblicato, per i tipi dell'Edigrafital di Teramo, due apprezzate raccolte di poesie: "Ucciso Sole" (1974) e "La terra negli occhi" (1978). Nel 1979 gli è stato conferito il Premio della Cultura della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel 1980, sempre per i tipi dell'Edigrafital, ha pubblicato "L'Arco della Terra", una raccolta di tradizioni irpine, nel dialetto della nostra terra, presentato da Giammario Sgattoni e, nel 1984, la raccolta "E siamo ancora qui". Ha vinto diversi premi letterari ed è inserito in varie antologie.
Ha chiuso i suoi giorni a Teramo il 9 febbraio 2009, ma si è fatto seppellire nel cimitero dell'amato paese natio.

Un'altra sua memorabile poesia -->

QUANNE MENE FAÙGNE

Quanne faùgne mene forte forte
e pare ca lu munne se lu porte,
da la fenèstre guarde ind'a l'uòrte:
véche l'àlbere se chiéchene a lu viénde
e lu pajése mije me vène a mmènde.


Il miracolo di San Gerardo
Il miracolo di S. Gerardo (2)

Il dizionario della Bibbia
Il dizionario della Bibbia

La Giudea nel dizionario della Bibbia
La Giudea nel dizionario della Bibbia

Il dizionario di Teologia
Il dizionario di Teologia
Un personaggio da non dimenticare

Prospero Dell'Aquila(1)

"Fra i personaggi famosi che hanno dato gloria e lustro al nostro paese spetta uno dei primi posti all'abate Prospero Dell'Aquila, scrittore di notevole pregio, che dette anche un contributo notevole alla teologia dogmatica e biblica.
[....]
In pieno Illuminismo visse questo grande santandreano, l'abate Prospero Dell'Aquila, nato appunto a S. Andrea di Conza l'11 aprile 1715, da Nicola e Rosalia Natale. Fin da piccolo mostrò una bravura eccezionale e soprattutto una vera fede che aveva coltivato nel nostro Seminario dove aveva compiuto i suoi primi studi.
Però ben presto lasciò il Seminario e il paese, attratto dalla regola dei Benedettini, che basavano la loro esistenza sulla preghiera e sul lavoro. Egli ripeteva a se stesso ogni giorno la famosa frase "Ora et labora" che è il motto dei Benedettini.
Infatti dedicò l'intera sua vita alla preghiera e al lavoro. Nell'aprile del 1731 diventava monaco a Montevergine, promettendo che sarebbe stato fedele alla regola, anche a costo della propria vita. Egli scelse il convento di Montevergine perché aveva una particolare devozione alla Madonna e i monaci di Montevergine sono detti appunto Benedettini Virginiani perché consacrati a Maria Santissima Vergine e Madre.
Da studente si distingueva per la sua intelligenza e per la sua bravura, tanto da essere sempre al primo posto nell'albo di onore che allora si affiggeva nell'atrio della scuola. Egli frequentò gli studi di teologia a Napoli, ad Aversa, a Montevergine, al Goleto, a Capua, facendosi ben volere da professori e colleghi. Dopo aver terminato gli studi teologici, seguì a Napoli alcuni corsi di retorica, una nuova disciplina, istituita dalla Congregazione Verginiana nel 1733, riservata solo ad alcuni alunni di capacità ottime. Dopo aver frequentato un anno di studi, egli stupì i professori per la sua bravura. Addirittura superò i suoi insegnanti. E così nel 1740 divenne professore di retorica, ottenendo l'incarico nel monastero di Capua. Nel 1742 ebbe la cattedra di teologia ancora nel monastero di Capua, allora molto importante. Dopo due anni fu trasferito in Casamarciano, dove insegnò filosofia e dal 1745 al 1748 insegnò nel monastero di Roma e poi a Napoli, dove rimase per 15 anni.
Egli, all'amore per la teologia e per la filosofia, aggiunse quello per le arti e soprattutto per la musica, infatti fu ufficiale organista in una famosa chiesa di Napoli, quella di Monteverginella. Insegnò anche all'Università di Napoli che allora si chiamava Ginnasio e fu considerato professore di incomparabile pregio. Gli alunni lo stimavano e lo amavano perché egli li trattava con amore.
Egli era convinto che un insegnamento, per essere efficace, doveva essere basato non sulla severità e sui rimproveri, ma sulla comprensione reciproca tra professori ed alunni e sull'affetto e l'interesse. Allora la scuola era molto severa ed i professori sedevano in cattedra e imponevano ordini e rimproveri. Egli fu il primo a sentire il bisogno di una riforma della scuola, che doveva essere resa più democratica e più rispondente ai bisogni dell'alunno. La sua prima opera fu in latino e gli procurò la fama di scrittore. Si trattava di un discorso molto significativo: "ORATIO PRO INSTAURANDI GYMNASII NEAPOLITANI STUDIIS a P. D. Prospero De Aquila Congregationis Montis Virginis regio professore, habita nonis novembris anni AERAE VULGARIS MDCCLVII" (Discorso per il rinnovamento degli studi del Ginnasio Napoletano; tenuto da P. D. Prospero Dell'Aquila, della Congregazione di Montevergine, regio professore, il 5 novembre 1757).
La sua fama di dotto si diffuse ancora di più quando egli pubblicò due dizionari: uno di teologia biblica e l'altro di teologia dogmatica. Anche se si trattava di una traduzione dal francese, non è poco il merito del Dell'Aquila, in quanto egli diede alle opere una sua impronta personale, rivedendole, completandole, arricchendole, migliorandole, tanto da farle sembrare originali e da mettere in luce la sua profonda cultura. Era la prima traduzione in italiano di opere a carattere teologico, per le quali veniva usata esclusivamente la lingua latina. I due dizionari sono intitolati:
1) "Dizionario portatile della Bibbia, tradotto dal Francese nell'Italiano idioma, ed arricchito di note, di articoli e di tre carte topografiche dal P. D. Prospero Dell'Aquila della Congregazione di Monte Vergine, regio professore. Dedicato alla Maestà del re delle Due Sicilie Carlo Borbone" in 4 volumi.
2) "Dizionario portatile della teologia, tradotto dal Francese nell'Italiano e accresciuto di note e di articoli dal P. D. Prospero Dell'Aquila, della Congregazione di Monte Vergine regio professore. Dedicato a Sua Eccellenza D. Giambattista De Marini, principe di San Gervasio" in 3 volumi.
I critici espressero un giudizio molto favorevole su questa opera, che consideravano vero capolavoro, frutto di una cultura e di una mente eccezionale. Era la prima volta che venivano espressi in lingua italiana profondi concetti filosofico-teologici e ciò in maniera che non aveva niente da invidiare neppure ai più grandi teologi latini. Questa critica lusinghiera si diffuse in tutta Europa ed oltre, e spinse gli stranieri, studiosi di teologia, a studiare la lingua italiana. I due dizionari ebbero subito grande successo e ancora oggi si trovano nelle migliori biblioteche. Uno studioso lo definì: "dotto in tutte le scienze e nelle belle arti". Egli non si montò la testa di fronte a tanto successo, ma fu sempre riservato ed umile, modesto e buono. Aiutava volentieri i bisognosi, a costo anche di duri sacrifici. Correva al capezzale dei malati, ai quali prestava assistenza e aiuto. Per essi e per i peccatori pregava particolarmente, passando intere notti sul pavimento. Non mancò di fare visita a S. Gerardo Maiella, quando una brutta malattia lo teneva immobile a letto, tra atroci sofferenze. Il Santo gioì nel vederlo, considerandosi, nella sua profonda umiltà, indegno di tale visita. Alla presenza del Dell'Aquila, alla fine di settembre del 1755, avvenne un miracolo dove giaceva il Santo. Padre prospero aveva condotto con sé un giovane di Ripacandida, contadino analfabeta, portatore di una lettera a S. Gerardo, da parte di alcune suore del suo paese. Ebbene, quando S. Gerardo lesse lo scritto, invitò il povero messo a comporre la risposta in musica. Il giovane rimase umiliato, non conoscendo né l'alfabeto né le note musicali e padre Dell'Aquila credette che la malattia cominciasse a far sragionare il Santo. Ma quale fu la meraviglia? All'invito di S. Gerardo, l'umile contadino cominciò a premere i tasti e, miracolosamente, una dolce musica si diffuse per tutto il convento. Poco dopo S. Gerardo morì. Don Prospero, esterrefatto, raccontò quanto aveva visto ai suoi confratelli e da allora provò una grande devozione per S. Gerardo Maiella, di cui volle seguire le orme per il resto della sua vita.
Lasciò l'insegnamento all'Università di Napoli nel 1763, quando fu eletto abate del Goleto, carica che tenne per soli 13 mesi, in quanto l'8 ottobre del 1764 lo colse la morte a soli 49 anni di età [....]"

Marianella Mazzeo
Classe 3^ A


(1) Tratto dal numero speciale de "la fonte" (periodico della Scuola Media "M. Solimene" di S. Andrea di Conza) - Anno scolastico 1983 - 1984 - Classi 1^ A e 3^ A.

(2) Tratto dall'opuscolo "FESTE CON TAMBURI E MORTARETTI A SANT'ANDREA DI CONZA NEL SETTECENTO" pubblicato da Pompeo Russuniello in occasione del Ferragosto 1994.


Questo articolo è tratto da il Seminario n. 1/2014 dove fu così presentato:


Riceviamo e volentieri pubblichiamo:

Antonio Cignarella
Poeta della musicale classicità(*)

a cura di Paolo Saggese

“Il poeta è pascolianamente attento ai particolari, alle voci del ...

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Giuseppe Bellino NOTE BIOGRAFICHE(1)

Giuseppe Bellino

Giuseppe Bellino

"Fra gli uomini più illustri del nostro paese si colloca la figura del Rev. Prof. Giuseppe Bellino. Egli nacque in S. Andrea di Conza il 7 dicembre 1875. Seguì i primi studi nel paese natìo, nel liceo-ginnasio del Seminario Metropolitano, che fino a pochi anni fa è stato importante centro di studi e di cultura. Si trasferì più tardi nell'Ateneo della Badia di Cava de' Tirreni, dove continuò il liceo e si istruì in teologia, fino alla soglia del sacerdozio. Divenuto sacerdote, esercitò la sua missione come Vice Parroco di S. Andrea di Conza, insegnando anche come professore di lettere antiche e moderne nello stesso Seminario che lo aveva ospitato da fanciullo. I suoi alunni, di cui alcuni ancora viventi, serbano di lui un ricordo affettuoso e una stima indicibile per il suo metodo di insegnamento e soprattutto per la sua vasta cultura. Più tardi lasciò, per ragioni superiori, l'Arcipretura e lo stesso Seminario, e si stabilì a Napoli, dove continuò la sua opera di religioso e di professore. Si distinse come oratore e perciò fece vari panegirici e discorsi a sfondo etico-religioso, nei piccoli e grandi centri dell'Italia Meridionale. Tra i suoi panegirici si ricordano quelli dell'Immacolata Concezione, nel 1906, di S. Lucia, di S. felicita, di S. Gerardo. Dimostrò la sua bravura di oratore anche negli Stati Uniti d'America, dove parlò agli americani in occasione dell'inaugurazione del monumento a Cristoforo colombo, eretto a New York.
Essendo profondo conoscitore delle Sacre Scritture, del Vecchio e del Nuovo Testamento, scrisse diverse opere teologiche; fra queste ricordiamo: "Gesù Cristo nelle Sacre Scritture e nei Santi Padri e Dottori", grandiosa opera in nove volumi di ottomilaquattrocentosettanta pagine, pubblicata dalla Casa Editrice U.T.E.T., e dalla Casa Giannini di Napoli. Quest'opera fu esaltata da molti Pontefici e prelati, in particolare dai Papi Pio X e Benedetto XV. Quest'ultimo, dopo la pubblicazione di questa grande opera, gli scrisse una lettera, di cui riportiamo uno stralcio: "Diletto figlio, salute ed Apostolica Benedizione. Dono ben gradito ci hai fatto coll'offrirci la tua opera intitolata "Gesù Cristo nelle Sacre Scritture e nei SS. Padri e Dottori" e in esso abbiamo non solamente avuto cari gli offici della tua pietà verso di Noi, ma ammirato altresì i non scarsi frutti di un diuturno lavoro. Ed invero vi abbiamo trovati raccolti e con saggio criterio ordinato i punti principali della Dottrina Cattolica, e godiamo assai che tu abbia condotto a termine un'opera così pregevole per Noi in modo da raggiungere il fine che ti eri proposto; ed infatti chiunque attenda seriamente alla lettura dei tuoi volumi, vedrà in così piena luce pararsi dinanzi alla sua mente le parole tutte ed i singoli fatti della vita del Salvatore Divino,da te opportunamente lumeggiati col pensiero di tanti Padri e Dottori della Chiesa... V'è dunque per Noi ben ragione di congratularci di cuore con te, Diletto figlio, e di rispondere ai tuoi affettuosi offici con la testimonianza della nostra benevolenza... Dato a Roma, presso S. Pietro, addì XXIII Marzo MCMXV Anno I del Nostro pontificato - Benedictus P.P.XV".
Tra le sue opere minori ricordiamo: "Charitas" (1916), "Vita di Gesù Cristo secondo l'armonia degli Evangelisti" (1920), "Lettera di S. Giovanni ai Parti, commentata da S. Agostino", con autografo di Sua santità Benedetto XV.
Morì a Napoli il venerdì santo del 1937, all'età di 62 anni, lasciando un grande vuoto in quelli che ebbero il privilegio di averlo come Maestro e in quelli che potettero apprezzare le sue opere."

Michelina D'Angola
Anna Iannicelli
Classe 2^ A


(1) - Tratte dal n. 2 de "la fonte" (periodico della Scuola Media "M. Solimene" di S. Andrea di Conza) - Anno scolastico 1976 - 1977.


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OMAGGIO A LUIGI BELLINI A 10 ANNI DALLA SUA MORTE

Note biografiche
(1912 -1989)

Luigi Bellini nasce a Sant'Andrea di Conza il 22 febbraio 1912, nella casa del nonno materno Giuseppe posta in via Sotto Chiesa, da Michele, un modesto muratore, e da Mauriello Maria Giovanna, contadina; è secondogenito di cinque figli, dopo Grazia. Nel 1917 muore la sorella Maria all'età di tre anni; nel 1918 gli viene a mancare l'affetto del padre; nel 1920 la famiglia si trasferisce nell'abitazione in Piazza Umberto I°; nel 1924 muore il fratello Pompeo all'età di sei anni. Da fanciullo manifesta già una viva passione per l'arte. Possiamo dedurlo da un episodio accadutogli all'età di nove anni. Un giorno a scuola preferì disegnare la sua maestra con il fidanzato invece di seguire la lezione. Scoperto dalla maestra viene costretto a fare il giro per le classi con un cartello sulle spalle su cui c'è scritto "asino". È molto ricercato dalle ricamatrici per gli arazzi che disegna sui corredi nuziali delle ragazze di Sant'Andrea. Nel 1924 il pittore Metallo lo incoraggia a raggiungere Napoli per iscriversi all'Accademia delle Belle Arti. Qui comincia a maturare l'interesse per l'arte, soprattutto dopo essere stato allievo di Ezechiele Guardascione e Davide Forte. A sedici anni riporta il suo primo successo alla mostra di disegno al Maschio Angioino con l'esposizione di dodici nudi a matita: una medaglia d'argento con diploma. Si trasferisce al Nord, a Bergamo e a Milano dove, per guadagnarsi da vivere, fa il decoratore negli ospedali e nelle chiese. Ma poiché ritrae volti di gente del popolo per rappresentare scene religiose suscita controversie con gli ecclesiastici. Contemporaneamente frequenta la scuola serale di Belle Arti ed è discepolo prediletto del grande Maestro Luigi Brignoli dal quale impara ad usare la tecnica della luce nei suoi dipinti. Espone i suoi quadri alla Galleria Tamanza di Bergamo dal 3 al 12 luglio 1945. Dopo alcuni anni di vita milanese e dopo aver ottenuto molti riconoscimenti con importati opere e ritratti, fra i quali alcuni della famiglia Baldini della Montecatini, si trasferisce definitivamente a Sant'Andrea. Il suo carattere ribelle e irrequieto lo induce a rifiutare ogni forma di imposizione: viene accusato di congiura contro la dittatura fascista e rischia l'esilio. Ma poiché egli dimostra di essere un artista e non un politico viene scagionato. Con le sue mostre al Circolo di Cultura di Ariano Irpino (15-24 settembre 1947), ad Avellino (10-25 ottobre) dello stesso anno ed ad Atripalda, riscuote un grande successo. Dopo la morte del fratello Giuseppe avvenuta nel 1948, all'età di 33 anni, si trasferisce a Napoli dove, dal 15 al 25 giugno 1950, espone 42 sue opere alla Galleria d'Arte "Bleu di Prussia". Ma è la mostra alla Galleria d'Arte del Teatro S. Carlo, inaugurata il 29 novembre 1952, che permette al Bellini di avere l'ammirazione di tutti i critici partenopei che lo definiscono "il pittore milanese". Nel 1953, dal 19 al 31 dicembre, è alla Galleria del Pronao a Foggia. Nel 1954 è a Bari dal 12 al 25 aprile alla Galleria d'Arte Nicolò Piccinni con 22 opere; al S. Carlo di Napoli dall'11 al 20 novembre, con una personale del bozzetto e del ritratto; all'Associazione Irpina della Stampa di Avellino dal 16 al 31 dicembre, con 70 opere che fecero protrarre la chiusura sino al 6 gennaio 1955 a causa delle molteplici richieste. Dal 18 al 30 giugno 1955 espone alla Galleria d'Arte in Via Milano a Roma. È un periodo di intenso lavoro con mostre ancora a Milano, Genova, Firenze, Cava dei Tirreni, Catanzaro, Napoli e Avellino. L'ultima mostra ad Avellino è un poco l'arrivederci di Bellini alla sua terra natale ed all'Italia, perché decide di emigrare per il Sud America. A Roma, il Console Canadese in Italia, dott. Antonio Carelli, lo incoraggia a raggiungere il Canada dove si trasferisce nel 1957, a Saint John, nel New Brunswich, ospite dell'amico Achille Tarantino. Proprio a Saint John, mentre dipinge in una strada della città, conosce Germaine, pittrice dilettante di origine francese, attratta dal suo lavoro, con la quale si sposa nel 1958 e dalla quale ha il suo unico figlio Michele. Luigi Bellini impone il suo nome agli americani del Canada, dipinge il Sindaco di Toronto Nathan Phillips il cui ritratto si trova nella Galleria Municipale degli uomini illustri della grande città canadese. Ritrae i maggiori uomini politici canadesi, senatori e governatori, grandi operatori economici e noti personaggi dello spettacolo e il 10 ottobre 1962, a Toronto, inaugura una sua personale alla presenza delle maggiori autorità canadesi. Per scoprire nuovi soggetti da dipingere, si trasferisce a New York. Nel 1968 muore la sua vecchia e adorata mamma. Nel 1972, il ricordo della mamma e dei vecchi amici, lo riporta, per un breve periodo, in Irpinia ed espone dal 1° agosto alla Galleria Lombardi-Arte di Avellino. A Toronto, nel 1978, espone i suoi quadri che rappresentano la Toronto del 1958, dal 25 aprile al 5 maggio nella Galleria dell'Università e il 16 dicembre nei locali dell'Irpinia Club. Nel 1979 ritorna a Sant'Andrea ed espone nella sala della scuola elementare dal 28 ottobre al 4 novembre, raccogliendo un grande successo e facendosi conoscere dai giovani. Dal 21 al 30 ottobre 1980 espone al Circolo Sociale della Stampa di Avellino ed ancora il 7 dicembre 1985, al Centro Arte 33. Il 25 agosto 1988, nell'ambito della XI rassegna dell'estate ricreativa e culturale, viene inaugurata, a S. Andrea, ancora una sua personale. Colpito da una grave malattia, ritorna nella sua Toronto, dove muore il 16 agosto 1989. Tra le sue opere sono da ricordare: autoritratto - la venditrice di frutta - la nonnina - al lavatoio - ultime luci - afa - sera d'autunno - rose - nevicata a S. Andrea - scarpette rosse - vecchie case al sole - mucche all'ombra - arte in parrocchia - antico arco - luce sul vecchio mulino - castello di Ariano - vicino al braciere - testa di bimba - casette di Calitri - la fontana - covoni al sole. Luigi Limongelli - noto giornalista, scrittore e poeta - santandreano verace, morto a Roma nel 1972, di lui scrisse: "Luigi Bellini - come uomo e come artista - è stato insofferente durante tutto il passato. Lo stato d'inferiorità (...) egli lo ha colmato con forza di volontà e di studio. In altre parole, il Bellini avrebbe avuto altra sorte artistica se avesse avuto la fortuna di nascere in un grande ambiente ...".

Roberta Cassese


N. B. - Vedi anche il profilo tecnico-stilistico del maestro Luigi Bellini (Arch. Michele Bellino).


DAL 15 AL 17 AGOSTO 1999 SONO STATE ESPOSTE A SANT'ANDREA DI CONZA 39 FOTOGRAFIE DEI QUADRI DEL PITTORE BELLINI A CURA DEL SIG. DONATO CASSESE.
LA MOSTRA ITINERANTE E' STATA INAUGURATA IN VIA GELSO ED E' STATA RIPROPOSTA IN DIVERSE ALTRE STRADE.

A SEGUITO DI TALE MOSTRA L'AMMINISTRAZIONE COMUNALE HA DEDICATO A LUIGI BELLINI LA NUOVA STRADA CHE COLLEGA VIA INCORONATA CON VIA DEL MULINO.


GRAZIE AL CONTRIBUTO DI MARIO MERLINI, AMICO E DISCEPOLO DELL'ARTISTA, È STATO POSSIBILE REALIZZARE UN'ALTRA PICCOLA RACCOLTA DELLE OPERE DEL MAESTRO BELLINI



PROFILO TECNICO-STLISTICO DEL MAESTRO LUIGI BELLINI
1912 -1989

La vita artistica di Luigi Bellini inizia nel 1924, in un periodo della storia dell'arte dove le varie componenti del pensiero artistico tra la fine dell' 800 e l'inizio del 900 avevano già maturato e dato nuovi frutti e nuove esperienze, tra divisionismo, liberty, cubismo, dadaismo e futurismo. La formazione del Nostro, lontano da questi fenomeni, avviene all'interno dell'Accademia delle Belle Arti di Napoli dove è ancora viva l'influenza della scuola dell' 800 napoletano, con la scuola di Posillipo, dove l'Accademia volgente al neo-classicismo ne decreta suo malgrado il successo di artisti che dipingevano su piccole tele paesaggi, vedute, marine dal tratto incerto e dai colori compositi. Piccoli dipinti formati da macchie, imprecisione e linee prospettiche fuori dai canoni, talvolta sui più disparati supporti come carta, cartone e rudi pezzi di tavola, catalogano il gruppo della “Scuola di Posillipo” associandolo ad un significato dispregiativo. Uno degli ultimi fenomeni di questa scuola è il suo maestro Ezechiele Guardascione che volgeva “in senso positivo le critiche che nei decenni precedenti avevano decretato un declino critico della figura di Toma e tra queste, in primo luogo, quella relativa alla sua austerità cromatica (che ne fa un pittore atipico dell'Ottocento napoletano), sobrietà che da Morelli in poi era stata largamente contestata. Il G. individuò nel frequente ricorso ai toni di grigio da parte di Toma non già una lacuna nell'uso del colore, quanto piuttosto l'efficace espressione di ambientazioni intime e di stati d'animo sommessi”. Essenziale per la sua formazione e l'incontro con LUIGI BRIGNOLI (Palosco (Bergamo), 1881 - Bergamo, 1952) tra a Bergamo e Milano, dove impara la tecnica del ritratto dei paesaggi, vedute cittadine, scorci di vita quotidiana.

In Luigi Bellini convivono queste due esperienze, la napoletana e la lombarda facilmente individuabili all'interno della sua produzione artistica pluridecennale. Ed il meglio della sua produzione artistica è sicuramente individuabile tra il periodo che va dal 1946 al 1959. In questo periodo il Bellini raggiunge risultati altissimi coniugando nelle sue opere le due esperienze formative. Il Bellini tutto è tranne che un artista “provinciale”, e pur volutamente restando fuori dalle mode artistiche dell'epoca, continua in solitudine a produrre quadri di sicura onestà intellettuale e senza compromessi con il neo-realismo in voga nel periodo. E qui che il Nostro raggiunge altissime ed espressive vette artistiche, dove coniuga la tecnica paesaggistica e la luce del nord, con rare punte di artisticità, riscontrabili solo nei quadri dell'Impressionismo francese. E come Monet, Pissarro e Renoir anche il Nostro si reca ogni giorno sulle sponde “della Senna e dell'Oise” per dipingere dal vivo i paesaggi appartenenti al mondo realistico ai quali interessa in modo particolare rendere veri i riverberi della luce sulle cose, e del tempo. I colori riflessi dal Bellini appaiono in continuo movimento ed infondono nella terra nell'acqua nell'aria una nuova e luminosa energia. La sua tecnica parte sempre da una tonalità di base che man mano si diluisce, si adegua, si espande sulla tela secondo le esigenze del quadro, Tecnica incredibilmente difficile? Quei colori suggeriscono al Bellini l'idea di dipingere la luce attraverso l'accostamento dei colori, senza usare gli usuali toni scuri per riprodurre le ombre. Viene dipinta anche l'aria e le sue variazioni, come la temperatura ed il vento la neve le persone: così tutte le cose in questo genere di pittura hanno un movimento. E' la luce che pervade i suoi quadri, che si propaga, che si modifica, che crea le differenze di tono e di ombre e genera movimento. Ma Luigi Bellini è anche un insuperabile ritrattista. Per il Bellini il ritratto era una sfida continua con se stesso e con il committente, la capacità di cogliere il profilo psicologico del personaggio di interpretarlo e spesso di trattarlo con sapiente ironia. Nella vulgata corrente il bel ritratto è quello che più assomiglia al personaggio, ed il Nostro in questo era davvero insuperabile. Ma i ritratti più belli sono sempre quelli del periodo 46-59 dove non prevale mai la somiglianza fine a se stessa, ma l'interpretazione del carattere, l'analisi psicologica del personaggio. Il tutto, come abbiamo visto, supportato da una tecnica pittorica unica e rara. Il ritratto della vecchia madre è un vero capolavoro, qui emerge l'affetto e la gioia, la colpa, la tristezza, ed anche il figlio disperato verso il volto della madre che sta per lasciarlo.

Sant'Andrea di Conza, 15-02-2012

Michele Bellino


N. B. - Vedi anche le note biografiche del maestro L. Bellino (Roberta Cassese).

Luigi Bellini: autoritratto

Luigi Bellini: "autoritratto"

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Queste pagine vorrebbero innanzitutto far conoscere Sant'Andrea di Conza ai "naviganti" del Web ma soprattutto riavvicinare tutti i Santandreani sparsi per il mondo, magari per sollecitare i residenti al rispetto della "sua" identità. Sono graditi suggerimenti e commenti.

(Rosario Cignarella)
Prima pubblicazione: 19 febbraio 1999


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