Sant'Andrea di Conza: sedicenne morto dopo il vaccino

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“Può essere colpa della Spike”

Ivan è stato stroncato da un raro tumore, i cui sintomi si sono manifestati in seguito all’iniezione con Pfizer. Per alcuni esperti, la proteina è in grado d’interferire con il sistema immunitario, innescando la malattia.

di Angela Camuso

Ivan Russomanno aveva 16 anni e se ne è andato due settimane orsono tra le braccia di sua madre. Fino a poco ...

Ivan Russomanno

... più di un anno fa era un ragazzo sano. Il 22 giugno del 2021 gli era stata amministrata la prima dose di Pfizer. Il 28, cioè sei giorni dopo, era arrivato al pronto soccorso dell’ospedale di Avellino, con un fortissimo mal di testa, dolore dietro al bulbo oculare ed episodi di vomito ripetuti. Da quel momento in poi le sue condizioni di salute erano peggiorate, progressivamente e misteriosamente. Continuava a vomitare e avere mal di testa e disturbi alla vista. Dimagriva. Aveva iniziato così un’odissea negli ospedali: esami, tac e ricoveri e ogni volta i vari sanitari specificavano, nel paragrafo dedicato all’anamnesi, in testa, quel fatto, la somministrazione del vaccino, senza però mai esplicitare la sospetta correlazione.

I medici non trovavano una causa ai malesseri del ragazzo. Gli riscontrarono però un’alterazione del sistema immunologico. Ogni altra ricerca di patologie da’ esito negativo. Intanto, i sintomi persistono e più le settimane passano e più Ivan sta male, perché inizia pure a vedere doppio e ad avere attacchi epilettici.

Poi, a settembre del 2021, arriva una diagnosi di trombosi cerebrale e ipertensione endocranica. Tuttavia, esami e sintomi non combaciano e non arriva giovamento da alcuna terapia. Per questo motivo il povero Ivan continua a sottoporsi a esami finché, a novembre del 2021, dopo una biopsia eseguita al reparto di neurologia del Gaslini di Genova, arriva la tremenda notizia: al ragazzo restano sei mesi di vita perché risulta affetto da un tipo di tumore maligno disseminato del sistema nervoso centrale, estremamente raro ed estremamente aggressivo. Si chiama melanomatosi leptomeningea primitiva diffusa e se ne conoscono, nel mondo, soltanto 26 casi.

Ivan dunque è morto lo scorso 26 agosto, perché aveva il cancro. Tuttavia, i primi sintomi della malattia che lo ha condotto così rapidamente alla morte si sono manifestati sei giorni dopo il vaccino ed è per questo che qui raccontiamo la sua storia. Un dubbio atroce ora dilania Dominique: “E’ stata colpa del vaccino”, si chiede smarrita la donna, che noi abbiamo incontrato nella casa dove Ivan è morto, circondato dai fratelli adolescenti anche loro, in un minuscolo paese in provincia di Avellino, Sant’Andrea di Conza. “Io l’ho subito sospettato e i medici dell’ospedale di Avellino mi avevano detto di aver fatto la segnalazione all’Aifa, ma ora ho chiesto all’ospedale il numero di registrazione della segnalazione e ancora non mi hanno risposto” dice Dominique, tormentandosi, perché è stata lei, pur non convinta, che ha accompagnato suo figlio a fare il vaccino, dopo le insistenze del ragazzo, che la scorsa estate voleva vaccinarsi per non essere escluso dalla vita sociale.

È possibile che un siero che utilizza la tecnologia a mRna, come appunto il Pfizer, abbia scatenato neoplasia che ha ucciso il ragazzo? Di certo il cancro non si sviluppa in sei giorni. Tuttavia in ogni organismo, nel corso della vita possono formarsi cellule tumorali che però generalmente, specie nei soggetti giovani, vengono distrutte dal nostro sistema immunitario. Ed è proprio questa la questione cruciale. Iniziano infatti a essere pubblicati studi che stanno dimostrando come la Spike vaccinale possa interferire con il funzionamento del sistema immunitario. È possibile allora che in questo caso il vaccino abbia interferito con i meccanismi coinvolti nella fisiologica sorveglianza immunitaria contro le neoplasie?

Ormai numerosi ricercatori e scienziati si stanno interrogando proprio sull’eventuale nesso causale tra vaccinazioni a mRna e manifestazioni o progressioni rapide o recidive di tumori maligni. Il dubbio è alimentato da un razionale scientifico che è contenuto in studi come quello pubblicato su PubMed da Yuichiro J. Suzuki e Sergiy G. Gychka, ricercatori rispettivamente del dipartimento di farmacologia e fisiologia dell’University medical center di Washington e del dipartimento di anatomia patologica della National medical University di Kiev, che hanno scoperto come la proteina Spike prodotta dai nuovi vaccini possa influenzare anche le cellule ospiti, avvertendo pertanto della “necessità di considerare attentamente le conseguenze a lungo termine dei nuovi vaccini anti Covid, specialmente quando questi vengono somministrati a individui altrimenti sani, nonché a giovani adulti e bambini”. Ci sono poi altri studi svolti sulla proteina Spike che hanno rivelato, come quello del 2020 di Tapas Patra del dipartimento di medicina interna della Saint Louis University del Missouri, che questa proteina produce processi di disturbo della comunicazione tra le cellule e se questo vale per la Spike del Covid non c’è motivo di pensare che non valga per la Spike vaccinale.

C’è anche uno studio che ha provato il nesso causale tra una terza dose di vaccino a mRna e una assai rapida progressione di un linfoma maligno in un uomo di 66 anni: studio pubblicato sulla rivista Frontiers e svolto da Serge Goldman del dipartimento di medicina nucleare dell’Erasme hospital presso l’Università di Bruxelles. “Sul caso specifico per dare una risposta, bisognerebbe fare un’autopsia con prelievi bioptici a livello cerebrale ma il collegamento col vaccino, dal punto di vista teorico c’è, anche se non c’è il collegamento col caso specifico” dichiara l’immunologo e ricercatore Mauro Mantovani, direttore scientifico dell’Istituto di medicina biologica di Milano. “Ci sono già degli studi pre pandemia su questi vaccini di nuova generazione - visto che questa tecnologia esisteva anche prima - che hanno visto come il loro meccanismo poteva risvegliare cellule tumorali e portarle a una progressione. Forse Ivan Russomanno aveva già una predisposizione in tal senso e il vaccino è stato un interruttore che ha attivato un gene che gli ha fatto esplodere la malattia” riflette Mantovani, mentre l’oncologa Patrizia Gentilini avverte: “Un numero sempre maggiore di evidenze scientifiche indica che i vaccini a base mRna possono alterare numerose funzioni biochimiche e immunologiche sviluppate dalle cellule in milioni di anni. L’idea che la Spike vaccinale si potesse degradare in pochi giorni è stata definitivamente smentita dai risultati pubblicati sulla più prestigiosa rivista scientifica internazionale, Cell, che dimostrano la persistenza di Spike nei vaccinati almeno fino a 60 giorni dal secondo inoculo. Altri risultati recenti, pubblicati sulla rivista PloS Pathogens, dimostrano che la Spike interferisce pesantemente nelle funzioni del sistema immunitario deputate anche a proteggerci contro lo sviluppo dei tumori. Sulla base di questi fatti, resta quindi incomprensibile e grave la scelta di non testare questi vaccini per la loro cancerogenicità e genotossicità”.

Bisognerebbe conoscere i dati sui tumori registrati nel 2021, per confrontarli con quelli degli anni precedenti alla vaccinazione di massa, tenendo conto, ovviamente, che un eventuale aumento delle neoplasie potrebbe dipendere anche dalla mancata diagnostica, dovuta alla paralisi delle liste di attesa provocata dall’emergenza sanitaria. Fatto sta che, al momento, non è possibile ragionare sui numeri, perché l’Airtum, l’Associazione italiana registro tumori, non pubblica da tempo dati aggiornati. Gli ultimi sono stati pubblicati nel 2020 e riportano i dati di due anni prima.

(per gentile concessione del Direttore e della Redazione del Quotidiano La Verità del 15 settembre 2022)


Secondo il direttore dell'Oms Tedros Adhanom Ghebreyesus, il mondo non è mai stato in una posizione migliore per porre fine alla pandemia di Covid-19. «La scorsa settimana», ha detto il capo dell'agenzia, «Il numero dei decessi settimanali è sceso al minimo da marzo 2020. Non ci siamo ancora, ma la fine è a portata di mano».