Una mostra contro le divisioni sociali
Il nostro mondo costruisce continuamente separazioni e non condivisioni. È un mondo con persone e popoli divisi tra coloro che appartengono al “mio” mondo e gli “altri”, un mondo che è convinto che la divisione sia necessaria per una convivenza pacifica. Un mondo dove ...
... ognuno opera per confermare la propria superiorità.
La storia e la vita ci mostrano tante barriere: visibili e invisibili, fatte di mattoni o di filo spinato o di pregiudizi, paure, fragilità. Spesso pensiamo alle parole «muro», «barriere», «confine» quali termini del linguaggio geografico o politico, ma in realtà sono termini della vita quotidiana.
E i muri contro i quali ci si ritrova a sbattere possono alzarsi all’improvviso, senza rumore e senza calce, senza pietre. Sono quelli generati dai comportamenti – a volte inconsapevoli – di chi ritiene che il proprio mondo sia il punto di vista dove inizia e finisce tutto.
Prendiamo, per esempio, il Mar Mediterraneo: per secoli è stato la culla di molte civiltà, da sempre esso è stato punto di incontro culturale, economico e religioso tra Asia, Africa e l’Europa.
Tale esempio dimostra che “abbattere i muri” è la chiave per il successo, poiché crea sviluppo economico, ricchezza culturale, conoscenza e saggezza. Eppure, questo punto di incontro si è infranto, ha sostituito tutto quanto potesse generare vita in MORTE. È necessario prendere atto che oggi tutte le nostre società sono multietniche, multireligiose e multiculturali. È quindi un dovere imprescindibile per ognuno di noi abbattere questi muri e costruire ponti tra i popoli, promuovendo il dialogo interreligioso e interculturale e lavorando per favorire la diversità e l’inclusione. È necessario investire nella coesione sociale di queste società, promuovere la diversità come fonte di ricchezza e non come minaccia.
Come afferma Papa Francesco in un discorso “L’umanità ha bisogno di ponti, non di muri!”:
L’uomo dispone di un potere relativo e limitato, eppure tremendo: la possibilità di scegliere, di comportarsi in modo retto e morale, la libertà di costruire ponti oppure muri. Dove c’è un muro, c’è – però – chiusura di cuore. […] Prendiamo l’identità è un principio alto e nobile, la condizione di possibilità della nostra esistenza. Banalmente se non sappiamo da dove veniamo siamo persi.
L’identità, però, non coincide con la chiusura o il ripiegamento su sé stessi. Al contrario, chi si conosce in ciò che crede guarda l’altro negli occhi e, nel caso, gli allunga la mano per aiutarlo a rialzarsi. Detto in altre parole solo chi ha le radici ben piantate nel terreno ha un futuro.
Ma le radici non sono un corpo morto, ma una parte viva, che si intreccia con le altre e condivide la stessa terra su cui sono cresciute. Che non vuol dire “Siamo tutti uguali”, ma, “impegnarci perché l’umanità possa superare le frontiere dell’inimicizia e dell’indifferenza, a costruire ponti di comprensione e di dialogo, per fare del mondo intero una famiglia di popoli riconciliati tra di loro, fraterni e solidali.
M. Antonietta Santorsola
Operatrice dell’Integrazione
Irpinia 2000 Onlus
